Le Storie
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Chi è Elena, come è cambiata la sua attività?
Ciao, mi presento.
Sono Elena, ho trentatré anni, sono di Genova, vivo e lavoro qui amministrando l’attività di famiglia.
Oggi scrivo ad E.S.S.E.G. la mia storia, o meglio quella dell’impresa che papà ha avviato qualche annetto fa. Spero che possa aiutare tanti imprenditori ed artigiani a dare valore ad aspetti che ahimè, troppo spesso vengono ignorati o di cui non si è del tutto a conoscenza. Per noi E.S.S.E.G. è stata fondamentale sia come guida, sia come consulente esterna e per questo le dobbiamo moltissimo.
La storia della nostra azienda si lega con quella personale di mio padre, che ha dedicato tutta la sua vita all’edilizia: prima come dipendente, poi come artigiano e alla fine come imprenditore.
Io sono dell’89; quando è arrivata la crisi del 2008 avevo 19 anni: è stato allora che è rimasto a casa. Per noi in famiglia è stato un duro colpo.
Io dovevo iniziare Giurisprudenza a settembre, mio fratello era al terzo anno di Farmacia e per quanto anche nostra madre lavorasse, non era una situazione facilissima. Oltretutto quando perdi il lavoro è un grosso colpo, anche morale e psicologico.
All’epoca non sapevamo che E.S.S.E.G. fosse disponibile anche con corsi per l’imprenditoria e l’artigianalità nell’edilizia e che avesse programmi veri e propri per formare chi non ha un lavoro o lo ha perso.
Dopo un primo periodo di sacrifici e sconforto, mio padre ha deciso di mettersi in proprio e ripartire come artigiano. Lo abbiamo sostenuto in ogni modo, abbiamo iniziato a lavorare alla sera nel bar sotto casa e dando ripetizioni al pomeriggio. Ora direi che ne è valsa la pena.
Nel giro di un annetto ha preso con sé un ragazzo, Giacomo, che adesso è nostro socio. Da qui l’ascesa. La committenza ha iniziato ad essere sempre di più e nel giro di poco mio padre era passato dall’essere un piccolo artigiano rimediatosi piastrellista, ad un’impresa di sei persone.
La crescita non è stata casuale: c’è stato un momento in cui gli incentivi hanno aiutato e ancora oggi aiutano, portando lavoro; ma il fattore che ha fatto la differenza è stato l’aiuto di E.S.S.E.G.
La burocrazia e gli adempimenti a cui deve sottostare un imprenditore oggi sono un macigno, e per l’edilizia è anche peggio se possibile. In questo, l’ente ci ha aiutati moltissimo e soprattutto nel momento in cui è stato necessario aumentare il personale, ci ha messi in contatto con ragazzi e ragazze preparati e seri, con tanta voglia di fare. Insomma, ondate di aria fresca preziose per un’azienda appena nata.
La storia non si conclude qui però. Papà è stato dipendente per tanto tempo e conosce bene cosa vuol dire lavorare in cantiere: la fretta di finire il prima possibile, la stanchezza e le imprecisioni, cercare di non chiedere per non pesare a chi ti dà un lavoro.
Non lo ha mai dimenticato e ha pagato personalmente perdendo anche un amico sul lavoro, purtroppo.
Per questa ragione ogni volta che si mette su un altro cantiere ancora oggi ci chiede se consultiamo sempre i consulenti di E.S.S.E.G. per far lavorare i ragazzi a norma e in sicurezza. Lo chiede anche se è in pensione e potrebbe finalmente starsene tranquillo, ma ci tiene.
E io e Giacomo con lui.
Alla fine la nostra è una piccola realtà, ma stiamo crescendo e siamo felici di farlo al meglio, con la coscienza pulita e la massima cura per la nostra squadra, oltre che per la committenza. Che dire, Grazie E.S.S.E.G.
Lavori in corso?
Non correre rischi!
Se non vuoi sanzioni o che qualcuno dei tuoi ragazzi si faccia male, non correre rischi e verifica che sia tutto a posto e a norma di legge.
Come fai? È facile e a costo zero: chiedi la visita in cantiere e noi ti mandiamo un tecnico specializzato che ti aiuta a capire come prevenire rischi e migliorare la sicurezza del tuo cantiere.
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Fabrizio: sì al rischio di impresa, no ai rischi in cantiere!
Sono Fabrizio, sono un’imprenditore edile e questa è la mia storia.
Mio padre faceva questo lavoro. Da studente, avrei voluto intraprendere un’altra carriera, ma alla fine eccomi qui.
La mia storia è simile a quella di tanti. Oggi posso dirmi contento. Il mio lavoro rispecchia la mia persona: faccio quello che mi piace e soprattutto, lo faccio come piace a me.
Ho iniziato dal basso, aiutando mio padre come operaio in cantiere (in famiglia lavoravamo io e lui); ogni estate andavo a lavorare con lui.
Dopo il diploma ho iniziato a lavorare con maggiore serietà e sono entrato come dipendente in un’altra impresa.
Trent’anni fa poi ho costituito la mia ditta e da allora è entrato a farne parte anche mio fratello e successivamente, mio figlio. Lui ha 25 anni, è geometra, ha già molte responsabilità, ma come me è partito dal basso (giustamente).
Nel complesso direi che siamo tutti orgogliosi di far parte di un’impresa familiare, siamo soddisfatti di ciò che siamo riusciti a realizzare.
Tra le tante soddisfazioni che il mio lavoro mi ha permesso di prendermi c’è anche quella per l’arte e a tutto ciò che sa di antico.
In passato infatti ho seguito alcuni corsi di decorazione con E.S.S.E.G. e per un certo periodo ho avuto la possibilità di dedicarmi autonomamente alla decorazione a stucco.
Ho imparato questo mestiere spinto dalla passione, dal desiderio di recuperare qualcosa di antico e restituirgli il suo originario splendore.
Vale davvero la pena farlo, è una sorta di eredità per chi verrà dopo di noi; la soddisfazione che ne deriva è davvero indescrivibile.
Fare l’imprenditore edile non vuol dire però solo tanto impegno per portare le passioni sul lavoro, è necessariamente una missione che coinvolge famiglie, persone e ti pone davanti a delle responsabilità non demandabili. Insomma, onori e oneri.
Ad oggi il mio lavoro, coì come quello di mio figlio e di mio fratello è quello di supervisore del cantiere, per cui la sicurezza è la grande protagonista della mia attività e delle mie giornate.
Mi duole ammetterlo, ma la percezione che si ha del lavoro in cantiere spesso può fare da deterrente per chi pensa o ha pensato di intraprendere un lavoro in questo campo, sia come operaio sia come imprenditore. Capisco, occuparsene non è affatto facile.
Per me però la sicurezza è fondamentale e imprescindibile: come spesso dico ai miei operai, il nostro lavoro è pericoloso e la confidenza è letale.
Una criticità rilevante a mio avviso, è legata all’uso dei macchinari. Questi devono essere sempre funzionali, efficienti e in linea con le norme vigenti.
Per quanto riguarda i tecnici e, più in generale, i dipendenti della mia impresa ritengo che sia rilevante dal loro punto di vista lavorare in condizioni di massima sicurezza;
per questa ragione attribuisco un grande valore alla sinergia che si sta creando con E.S.S.E.G..
In questo senso i tecnici del Settore Sicurezza mi aiutano moltissimo per prevenire rischi e problematiche varie. Le loro consulenze mi sono ormai essenziali.
Con molti tecnici si è creato un rapporto di reciproca confidenza e ho sempre fatto tesoro dei loro suggerimenti puntuali ed aggiornati.
Spesso mi rivolgo a loro su sollecitazione da parte degli operai e dei rappresentanti della committenza. Talvolta, i condomini o gli amministratori mi pongono quesiti che “giro” direttamente ai tecnici E.S.S.E.G. così da avere risposte rapide e attendibili.
Affrontare la sicurezza in cantiere non è mai facile ad ogni modo, anche con i migliori consigli e i tecnici più preparati dalla tua parte.
Spesso noto che la cultura della sicurezza manca tra i lavoratori stessi e trasmetterla non solo è complesso, ma richiede di compiere un lavoro che duri nel tempo.
Con i giovani forse qualcosa sta cambiando, ma con chi ha più esperienza è difficile oltrepassare quella convinzione per cui se sei esperto allora non sei esposto a rischi.
Per molti lavoratori stranieri poi, si aggiunge l’ostacolo linguistico.
Il colmo l’ho raggiunto una volta quando, consegnate le scarpe antinfortunistiche a un gruppo di operai stranieri e per niente abituati all’utilizzo di DPI, mi sono sentito dire che le avrebbero usate per le occasioni speciali e non per lavorare in cantiere, perchè per quello avrebbero calzato scarpe vecchie!
Sebbene questo possa anche far sorridere in un primo momento, a ben vedere è drammatico pensare che vi sia una cultura della sicurezza ancora così scarsa e disomogenea.
Con il tempo per quanto riguarda la mia impresa, sono riuscito ad allineare i compotamenti di tutti: giovani, esperti, stranieri ecc.; adesso possiamo quasi dire che tutto sta andando per il meglio, ma non è stato affatto facile e molto va ancora fatto.
Per come la vedo io, l’impreparazione è il terreno perfetto per i rischi e gli infortuni.
A mio avviso, sarebbe opportuno finanziare campagne di sensibilizzazione alla sicurezza, stanziare fondi per le imprese che operano nel rispetto delle regole e a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
E.S.E.G. sta facendo tutto quello che un ente preposto alla promozione della cultura della sicurezza deve fare.
Ritengo che la vicinanza al cantiere sia fondamentale per ottenere risultati concreti.
Concludo ancora con una considerazione: oggi più che mai, fare l’imprenditore vuol dire sì “lavoro autonomo” e “lavoro a modo mio”, ma vuol dire anche rispetto degli obblighi, delle norme e soprattutto delle persone.
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